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Il nuovo ruolo del commercialista in merito alla pianificazione patrimoniale

Che ruolo svolge il dottore commercialista nella pianificazione patrimoniale e in che modo si affianca al consulente finanziario durante questo percorso? We Wealth ha intervistato Lorenzo Pavoletti e Luigi Rossi dell'Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili di Milano


Luigi Rossi: “Nessun dottore commercialista e nessun consulente patrimoniale possono avvicinarsi al mondo del wealth planning da soli. È un lavoro che va fatto insieme.

Lorenzo Pavoletti: “Il commercialista ha tutte le capacità e le competenze per orientare l'imprenditore sia lato aziendale sia lato patrimonio personale, ovviamente con focus sugli aspetti fiscali e di governance”

In una fase in cui l'emergenza epidemiologica ha contribuito ad indebolirela fiducia dei risparmiatori italiani sul futuro spingendo le riserve tricolori a sfondare il tetto dei 2mila miliardi di euro, il ramo dei dottori commercialisti sta affrontando una sostanziale sfida generazionale. Il numero di professionisti, per la prima volta dalla costituzione dell'Albo unico, è in diminuzione, consumati dagli “adempimenti ordinari” e dal tempo sempre più stringente per offrire “una consulenza di qualità”. Ma, proprio alla luce di quell'immensa quantità di liquidità depositata sui conti correnti, potrebbero assumere oggi un nuovo ruolo. Anche nella attività di pianificazione patrimoniale. We Wealth ne ha parlato con Lorenzo Pavoletti, presidente Ugdcec Milano e della commissione studi Ungdcec “Pianificazione e protezione del patrimonio personale” e Luigi A. M. Rossi, segretario della commissione studi “Pianificazione e protezione del patrimonio personale”. Un'occasione per anticipare alcune delle tematiche che saranno approfondite nell'ambito del webinar online Il private insurance planning del prossimo 10 dicembre.

Qual è il ruolo del dottore commercialista nella pianificazione patrimoniale? Lorenzo Pavoletti: “Il lavoro del dottore commercialista è ad oggi un lavoro estenuante. Abissato dagli adempimenti ordinari, rischia di non avere più il tempo necessario da dedicare alla consulenza di qualità. Dunque a mio parere il commercialista, aiutato soprattutto da necessarie politiche di semplificazione negli adempimenti da parte del governo, deve ritagliarsi il tempo necessario per focalizzarsi sui temi prossimi all'imprenditore. Non solo lato aziendale ma anche lato patrimonio personale. Ovviamente senza invaderne il campo nella consulenza finanziaria, perché non avrebbe né il tempo né le energie per potersi realizzare in questo settore”. Luigi A. M. Rossi: “Nessun dottore commercialista e nessun consulente patrimoniale possono incamminarsi nel mondo del wealth planning autonomamente. Nelle operazioni di pianificazione, quando ad esempio emerge un'esigenza anche di natura previdenziale, avere il supporto di una realtà strutturata consente di portare a termine operazioni di grande successo perché si possono ottenere tutele assicurative affiancate da valide formule di investimento, sfruttando al contempo sia i vantaggi fiscali che i vantaggi civilistici tipici delle polizze vita. Per cui la combinazione consulente fiscale-consulente assicurativo permette di strutturare operazioni il più possibile complete, funzionali e stabili”. Con quali altri professionisti deve interagire lungo questo percorso e come si definisce, in particolare, il rapporto tra dottore commercialista e consulente finanziario? Lorenzo Pavoletti: “Il rapporto tra commercialista e consulente finanziario deve essere molto stretto. Sono due interlocutori di fiducia del cliente, che offrono punti di vista complementari. Il consulente segue più la parte finanziaria (come strutturare il prodotto o la polizza), mentre il commercialista può avere più una visione globale (supportando il cliente nella scelta della soluzione assicurativa che meglio si adatti alla strategia di pianificazione patrimoniale implementata a livello familiare, per esempio). Nessuno dei due può escludere l'altro. L'efficienza necessita di questo connubio”. Luigi A. M. Rossi: “Per non dimenticare poi il supporto dei legali e dei notai, figure che devono intervenire necessariamente nello strutturare l'operazione, soprattutto quando ci sono in gioco patrimoni importanti o esigenze particolarmente complicate E, non da ultimo, il private banker che, nell'ambito del wealth planning, svolge oggi il ruolo del pivot, che all'occorrenza può indirizzare ai vari specialisti. Su questo aspetto, la nostra associazione punta molto, perché la complessità del mercato impone necessariamente di fare rete con diverse figure professionali”. Come può il dottore commercialista intercettare la clientela in questo nuovo ecosistema? Lorenzo Pavoletti: “Credo che la strada da percorrere sia quella di vedere sempre più il dottore commercialista come un consulente dell'imprenditore a 360°, che tenga conto della consulenza aziendale senza perdere di vista le tematiche patrimoniali riguardanti la sua sfera personale. Il commercialista 4.0 deve possedere competenze multidisciplinari e un approccio proattivo, un aspetto a volte mancante purtroppo. Infatti, è talmente impegnato che in alcuni casi perde quel guizzo per consigliare proattivamente al cliente una soluzione piuttosto che un'altra e si limita dunque alla consulenza on demand. Si rischia così di dare spazio ad altre figure professionali, mentre il commercialista possiede capacità e competenze per indirizzare l'imprenditore sia lato azienda sia lato patrimonio personale, ovviamente con focus sugli aspetti fiscali e di governance”. Luigi A. M. Rossi: “Noi commercialisti abbiamo la fortuna di essere degli interlocutori privilegiati, perché lavorando a stretto contatto con l'imprenditore abbiamo contezza sia della realtà aziendale sia di quella familiare (non dimentichiamoci che l'85% delle pmi italiane sono aziende familiari). Siamo in possesso di tutti gli strumenti per intercettare le esigenze da un lato e le criticità dall'altro e di convogliarle in soluzioni pratiche e operative. Le polizze, in particolare, costituiscono uno strumento anche molto percettibile. Il cliente private sa benissimo di cosa si tratta, è molto istruito da questo punto di vista. A differenza di altri strumenti più complessi le polizze vantano una grandissima semplicità e fruibilità. Ma va detto che per determinati prodotti assicurativi, mi riferisco alle polizze multiramo e unit linked, è necessario rivolgersi a compagnie di primario standing, che hanno la capacità di personalizzare i prodotti sulla base delle esigenze dei singoli clienti”. Parliamo di private insurance planning. Di che mercato si tratta e qual è il valore aggiunto del dottore commercialista in questo contesto? Luigi A. M. Rossi: “Secondo gli ultimi dati forniti dall'Associazione italiana private banking, il peso totale delle polizze nei portafogli private ha raggiunto il 22%. Un numero particolarmente interessante se comparato al 2015, quando questa percentuale si attestava sul 16%. Sulle reti dei consulenti finanziari, invece, il rapporto tra prodotti previdenziali e consistenze patrimoniali è pari al 27,5%. Si parla di un importo di oltre 170 miliardi di euro. Il trend è indubbiamente in crescita. In questi numeri si può leggere un'opportunità anche per il futuro dei giovani commercialisti: non solo pensare alla attività degli studi professionali, ma anche alle compagnie assicurative, dove i giovani colleghi possono dare un valido contributo sul fronte della consulenza patrimoniale”. Lorenzo Pavoletti: “In questo momento storico in cui si avverte una elevata incertezza per il futuro, i depositi di liquidità sui conti correnti in Italia sono aumentati sensibilmente e dunque le soluzioni di private insurance, soprattutto quelle a capitale garantito, potrebbero rappresentare una soluzione considerevole per il cliente. Il nostro intento nel webinar del 10 dicembre è di trasmettere informazioni utili e operative su uno strumento che a volte si dà per scontato di conoscere, ma che nasconde diversi aspetti spesso poco evidenti”.


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